In questa sezione sono inserite immagini recenti, scattate nel territorio tra Portopalo e Pachino, che documentano l’esistenza di alcuni siti archeologici importanti ma, in generale, poco conosciuti, complice un generale disinteresse da parte degli enti preposti alla tutela e alla mancanza di vere e proprie recenti campagne di scavo. Conseguentemente a ciò, nessuno dei siti è al momento né segnalato né adeguatamente valorizzato.
Il pericolo è, evidentemente, quello della irrimediabile compromissione e della perdita di queste preziosissime testimonianze storico/archeologiche.
Tutte le foto sono di proprietà del Dott. Antonello Capodicasa, che ne ha gentilmente concesso l’utilizzo.
Le latomie di Marzamemi. Queste cave, sfruttate dal V sec. a. C. fino all’epoca bizantina, sono tra le più grandi della Sicilia.
Le latomie di Marzamemi. Numerosi sono i blocchi di calcarenite ancora in loco
Le latomie di Marzamemi. Diverse testimonianze si trovano lungo la costa che porta alla cosiddetta “isola piccola”.
Le latomie di Marzamemi. Nel 1993 l’area del borgo è stata dichiarata di notevole interesse storico-culturale (D. A. 6177 dell’11/06/1993) e nel 2001 sul borgo marinaro e sulle pertinenze della tonnara fu apposto un vincolo per il valore storico-artistico e architettonico (D.D.G. 5552 dell’11/04/2001). Nel 2010 infine, “ritenendo che la Balata e l’antistante specchio d’acqua siano rivolti alla riqualificazione e al rispetto delle valenze storico-urbanistiche-architettoniche e paesaggistiche del luogo”, la Soprintendenza competente ha riconosciuto l’intero borgo marinaro di Marzamemi di interesse storico-culturale ai fini della tutela architettonica e paesaggistica.
Le latomie di Marzamemi. Al momento, non è stato comunque apposto nessun vincolo archeologico.
Portopalo, vasca di garum. Il garum era lavorato all’interno di vasche scavate nella terra. I resti di alcune di questa grandi vasche sono ancora visibili, sebbene in cattivo stato di conservazione, all’interno dell’area archeologica di Scalo Mandrie, nei pressi della spiaggia denominata “Collo”, di fronte l’isola di Capo Passero.
Portopalo, vasca di garum.Un ampio tratto di costa è, infatti, interessato dalla presenza delle caratteristiche vasche che erano usate per la stagionatura del tonno salato e talvolta del garum, una salsa piccante e molto salata che si ricava dalla lavorazione ed essiccazione delle interiora di pesca (tonni e sgombri soprattutto) e di cui i romani andavano ghiotti. Purtroppo, quasi tutte sono andate perdute.
Portopalo, vasca di garum. Nella “Naturalis Historia”, Plinio il Vecchio cita il territorio di Portopalo a proposito della lavorazione del garum
Portopalo, vasca di garum in località “scalo mandria”
Portopalo, vasche arabe. Antichissima è la tradizione legata alla lavorazione del pesce nel territorio di Portopalo, testimoniata da siti come queste vasche risalenti al periodo di dominazione araba.
Bibliografia: Purpura Gianfranco, Pesca e stabilimenti antichi per la lavorazione del pesce in Sicilia : II – Isola delle Femmine (Palermo), Punta Molinazzo (Punta Rais), Tonnara del Cofano (Trapani), San Nicola (Favignana), estratto da “Sicilia archeologica”anno XVIII, n. 57/58, 1985
Portopalo, vasche arabe. Alcune di queste vasche sono sotto il livello del mare, ma ancora bene visibili.
Bibliografia: Purpura Gianfranco, Pesca e stabilimenti antichi per la lavorazione del pesce in Sicilia : II – Isola delle Femmine (Palermo), Punta Molinazzo (Punta Rais), Tonnara del Cofano (Trapani), San Nicola (Favignana), estratto da “Sicilia archeologica”anno XVIII, n. 57/58, 1985
Portopalo, vasche arabe.
Bibliografia: Purpura Gianfranco, Pesca e stabilimenti antichi per la lavorazione del pesce in Sicilia : II – Isola delle Femmine (Palermo), Punta Molinazzo (Punta Rais), Tonnara del Cofano (Trapani), San Nicola (Favignana), estratto da “Sicilia archeologica”anno XVIII, n. 57/58, 1985
Vendicari, carraie. Ben visibili sul banco roccioso per diversi metri all’interno dell’oasi faunistica.
Portopalo, carraie. Anche n contrada Cugni sono ben visibili profondi solchi scavati nella roccia dal passaggio dei carri. Si sviluppano per una lunghezza di oltre 500 metri attraversando un insediamento greco di età classica (VI-IV secolo avanti Cristo).
Portopalo, carraie Cugni. L’insediamento greco doveva essere legato all’esistenza di un porticciolo situato sull’antica riva della cava, una valle di origine fluviale, che l’altura dei Cugni domina da sud e che nel nome (Calafarina) ricorda un’antica funzione di scalo legato al trasporto del grano
Portopalo, carraie Cugni; è probabile che i solchi siano stati scavati anticipatamente (creando una sorta di guida per le ruote) allo scopo di rendere più agevole il transito dei carri che dovevano recarsi a una vicina cava di estrazione e da lì ritornare, evitando le asperità rocciose e i tratti sconnessi. Le carraie avevano così la funzione di rotaie
Portopalo, Cugni. L’area Cugni, di formazione geologica calcarea, è la più antica zona archeologica del “Pachino Promontorio”. Numerose sono le rovine che insistono su questo territorio. Tra le altre, spicca una necropoli con tombe a forno e a grotticella scavate nella roccia.
Portopalo, Cugni. Le tombe appartengono in gran parte al periodo “castellucciano” e si tratta di uno dei primi esempi di urbanizzazione del suolo siciliano.
Portopalo, Cugni. I resti dell’insediamento greco/romano. Si tratta dell’insediamento più recente, nella parte nord dell’area, a confine con una cava abbandonata
Portopalo, grotta Calafarina. Agli inizi del 900 l’archeologo Paolo Orsi rinvenne all’interno di questo sito testimonianze di varie epoche. La grotta, infatti, sembra essere stata rifugio per diversi secoli. Sono stati trovati reperti del periodo neolitico, ma anche greco, romano e bizantino.
Portopalo, grotta Calafarina, il cosiddetto “dolmen” naturale. La grotta è caratterizzata da una galleria lunga 100 metri dalla quale si snodano cunicoli più piccoli. Diverse e suggestive leggende sono legate all’antichissima storia di questo sito: si favoleggia, infatti, di un “tesoro” arabo nascosto.
Portopalo, acquedotto arabo. Nel territorio tra Portopalo e Pachino insistono i resti di un antichissimo ed efficiente sistema di acquedotti. Restano, purtroppo, solo alcune frammentarie testimonianze di questi “qanat”: uno nei pressi della torre Scibini e un altro in località Scirbata (del quale è stato conservato solo l’abbeveratoio).
Portopalo, acquedotto arabo. Il Qanat di torre Scibini è un’opera di alta ingegneria idraulica che ha resistito nei secoli. Le pareti della galleria sono rivestite di pietrame unito alla malta dell’epoca mentre la volta è stata costruita con blocchi di tufo ed arenaria.
Portopalo, acquedotto arabo. Il Qanat di torre Scibini è stato utilizzato per secoli. Con la rimessa a coltivazione del feudo Scibini, infatti, si decise di potenziare la struttura; è, dunque, grazie al costante utilizzo che questa parte di acquedotto è arrivata fino ad oggi.
Bufuto. I resti dell’antichissima tonnara di Capo Passero. Prima del terremoto del 1693, infatti, gli edifici della tonnara si trovavano in un altro sito.
Bibliografia: Antonello Capodicasa, Storia antica di Portopalo,Pachino, 2016
Bufuto. I resti dell’antichissima tonnara di Capo Passero. Di proprietà della famiglia Nicolaci per oltre due secoli.
Bibliografia: Antonello Capodicasa, Storia antica di Portopalo,Pachino, 2016